Le origini e il significato della “a maidda” (la madia)
Andiamo a scoprire le origini e il significato della “a maidda siciliana” (la madia in italiano), un antico oggetto della tradizione agricola che racconta una pagina di storia degli usi e dei costumi di un’epoca antecedente all’arrivo del tanto agognato progresso.
E’ uno strumento che non poteva mancare nelle case e nelle campagne siciliane e del resto d’Italia anche se nell’epoca attuale è finito in qualche angolo della casa o peggio ancora in discarica. A maidda includeva una serie di pochi ma immancabili riti delle famiglie dell’epoca tra preparazioni tipiche, la cottura del pane nel forno a legna e i pranzi insieme con quello che si aveva.
Una pagina di storia e tradizioni: le origini e il significato della “a maidda” (la madia)
Tra le storie e le curiosità della Sicilia legate alla lingua ci occupiamo delle origini e del significato di uno degli strumenti della tradizione: a maidda (la madia). Un oggetto noto soprattutto a quelli un po’ più avanti nell’età, ormai in parte scomparso dalle case o riadattato come un mobile d’arredamento o un componente da giardino.
Il significato della “a maidda siciliana” è quello di rappresentare un contenitore in legno di forma rettangolare, ricavato da un unico blocco, con i lati inclinati verso la base e un coperchio sollevabile a cerniera, usato tradizionalmente nelle case di campagna per impastare e fare il pane e tutte le altre bontà della cucina siciliana.
La madia è uno strumento diffuso in tutta l’Italia agricola e contadina del Novecento e racconta una pagina di storia del nostro Paese prima dell’arrivo della tecnologia.
Nelle famiglie siciliane non poteva mai mancare ed è un oggetto che racconta una serie di riti e tradizioni dello stare insieme con quel poco che si aveva. A partire dal rito di fare il pane per tutta la settimana nei pochi forni a pietra esistenti. Un rito a cui partecipavano anche i vicini della zona perché all’epoca la condivisione degli strumenti era essenziale per andare avanti.
Nella maidda si preparavano gli impasti del pane e anche di tutte le altre bontà della cucina siciliana che si possono preparare al forno come lo sfincione, la scaccia (in tutte le versioni in cui è diffusa in Sicilia), la pasta fresca e altro ancora.
L’ottima preparazione di un impasto si notava dalla mancanza di residui di farina o di pasta nella maidda. Ed è proprio per questo che non veniva mai lavata ma solo bagnata per far rigenerare il legno.
In alcune parti della Sicilia il significato di questo oggetto rimanda anche alla pratica di condire e mangiare direttamente dentro “a maidda” dopo aver impastato la pasta. Una pratica forse più conosciuta per la cosiddetta Pasta no Scanaturi o le lasagne siciliane (altro strumento utilizzato per impastare).
Un oggetto della nostra storia e delle nostre tradizioni che è stato travolto dall’avvento del progresso con l’arrivo di impastatrici e robot vari.
Questi prodotti tecnologici, chiaramente utili per tutti, però non hanno solo sostituito il modo di “impastare” ma hanno cancellato dalla memoria una serie di riti e piccoli gesti familiari che tenevano unite le famiglie.
Nell’epoca moderna tra una corsa e l’altra per guadagnare del tempo si “taglia” di tutto, anche quella semplicità quotidiana che è giusto che ci sia anche con tutti i vantaggi possibili del progresso.