La leggenda sui Faraglioni di Aci Trezza e su Polifemo in Sicilia
Una delle leggende ambientate in Sicilia più conosciute da grandi e bambini è quella di Polifemo e di Ulisse raccontata da Omero nell’Odissea che secondo il mito ha dato origine ai Faraglioni di Aci Trezza. In molti conoscono il mito ma non sanno che è ambientato proprio nel borgo di Aci Trezza, uno dei luoghi più affascinanti che possiamo trovare in Sicilia.
Questo borgo, noto anche per il romanzo dei Malavoglia di Giovanni Verga, è una frazione marinara che fa parte del Comune di Aci Castello, situato lungo la costa catanese dinanzi l’arcipelago delle isole dei Ciclopi che prendono il nome proprio dal mito raccontato da Omero.
La leggenda sulla formazione dei Faraglioni di Aci Trezza e su Polifemo in Sicilia
La leggenda del gigante Polifemo (protagonista anche del mito di Aci e Galatea) sulla formazione dei faraglioni di Aci Trezza riprende il tormentato viaggio di ritorno di Ulisse verso l’amata Itaca.
In una delle varie tappe riportate nell’Odissea, Omero narra l’approdo di Ulisse e dei suoi compagni di viaggio nella misteriosa terra dei Ciclopi, abitata da delle enormi figure umane con un solo occhio al centro della fronte.
Gli uomini di Ulisse, affamati, dopo lo sbarco saccheggiarono le conserve alimentari che trovarono all’interno di una grotta abitata da uno di questi giganti, conosciuto con il nome di Polifemo.
Dopo qualche ora il gigante tornò nella grotta e dopo essersi reso conto del saccheggio reagì divorando due dei compagni di Ulisse, mentre tutti gli altri rimasero imprigionati nella grotta.
Per sbloccare la situazione Ulisse decise di utilizzare la carta dell’astuzia offrendo del buon vino che Polifemo consumò in gran quantità fino al punto di essere ubriaco. Nel frattempo il gigante chiese ad Ulisse il suo nome, il quale gli rispose dicendogli la nota frase: “il mio nome è Nessuno”.
Da questa risposta iniziò il piano di rivalsa di Ulisse che approfittò dello stato di alterazione del gigante per accecarlo con una trave di legno incandescente.
Il gigante reagì in malo modo cercando di afferrare qualche compagno di Ulisse; le sue grida giunsero fino alle orecchie degli altri ciclopi che una volta arrivati chiesero chi fosse stato. Polifemo, altamente su di giri, rispose: “Nessuno, è stato Nessuno”, così gli altri giganti vedendo l’alto tasso di ubriachezza lasciarono stare Polifemo.
Al mattino seguente Polifemo, per far uscire il gregge di pecore, spostò il grande masso all’entrata della grotta sperando di acchiappare allo stesso tempo anche qualcuno tra Ulisse e i suoi uomini. In questo frangente Ulisse utilizzò nuovamente la carta dell’astuzia facendo legare tutta la sua compagnia al ventre di uno degli animali, che prima di uscire venivano controllati dal gigante uno alla volta.
Una volta scampato il controllo di Polifemo e liberatosi dal gregge di animali, Ulisse e i suoi compagni si diressero verso le navi per fuggire dall’ira del gigante che si accorse di questo ulteriore sgarbo.
Polifemo, accecato dalla trave e dall’ira, per fermare la fuga di Ulisse staccò dal terreno alcuni grossi massi e lì lancio nel tentativo di fermare le navi che stavano prendendo il largo.
Leggenda vuole che questi massi scagliati da Polifemo siano i conosciuti Faraglioni di Aci Trezza, ancora oggi visibili lungo la costa catanese.
L’arcipelago delle Isole Ciclopi, da cui deriva il nome, è costituito appunto da varie cime rocciose e scogli di diverse forme: come il Faraglione Grande, il Faraglione di Mezzo, il Faraglione Piccolo, l’Isola Lachea e diversi altri scogli lungo la costa che fanno parte dell’Area Marina Protetta delle Isole dei Ciclopi.