La storia della fontana di piazza Pretoria (o della Vergogna) a Palermo
In queste righe andremo alla scoperta di uno dei monumenti più conosciuti di Palermo: la fontana di piazza Pretoria, un luogo chiamato comunemente dai palermitani con l’appellativo di piazza della Vergogna.
Una storia particolare per uno dei luoghi simbolo della città, a partire dal progetto iniziale, dalle statue rappresentate e dal nome assegnato.
Piazza Pretoria è nel pieno centro storico di Palermo, racchiusa in mezzo tra il palazzo Pretorio (dove ha sede il Municipio di Palermo), il lato esterno della chiesa di Santa Caterina d’Alessandria con la sua cupola e i palazzi Bonocore e Guggino Bordonaro. La piazza si affaccia di fronte al lato esterno della chiesa di San Giuseppe dei Padri Teatini a pochi metri dai Quattro Canti, l’esatto centro della città.
La storia, le origini del nome e il progetto originario della fontana di piazza Pretoria di Palermo
In origine la monumentale fontana, opera dello scultore fiorentino Francesco Camilliani eseguita intorno alla metà del ‘500, era stata progettata e realizzata per andare ad arricchire la villa fiorentina di don Luigi di Toledo, figlio di don Pedro di Toledo Viceré di Napoli e suocero del Gran Duca di Toscana Cosimo I dei Medici (una sorella di don Luigi sposò il discendente della famiglia dei Medici).
La fontana in origine era composta da 48 statue unite tra loro da una sorta di corridoio composto da 90 colonne di legno. Forse un po’ troppo anche per una villa nobiliare. Don Luigi dopo alcuni anni, a causa di una serie di debiti contratti, decise di mettere in vendita il regalo ricevuto dal padre e, tramite i contatti con il fratello García Álvarez, Viceré di Sicilia, instaurò una trattativa con l’allora Senato palermitano che acquistò l’opera per circa ventimila scudi (ottomila onze), una cifra molto consistente in quell’epoca.
Dopo l’acquisto la fontana, che ancora non aveva preso i nomi di Pretoria e della Vergogna, venne smontata in circa 644 pezzi, alcuni dei quali per vicissitudini e leggende varie non arrivarono mai a Palermo.
La fontana venne montata, ed in parte adattata, nello spazio antistante il palazzo Pretorio nel 1574-75 dal figlio dell’autore Francesco Camilliani, insieme allo scultore Michelangelo Naccherino, di cui in alcune statue e in alcune erme (delle colonne con una testa scolpita) autografate si riconoscono lo stile goffo e scanzonato che sembra anticipare l’avvento del Barocco.
Sull’appellativo di fontana della Vergogna ci sono diverse le fonti più o meno affidabili tra esclamazione delle suore del vicino Convento di Santa Caterina alla vista delle nudità delle statue, dicerie piccanti sulla Regina Giovanna II d’Angiò e proteste dei palermitani al grido di “Vergogna, vergogna…” per l’enorme somma stanziata per l’acquisto (le leggende sulle origini del nome).
Mentre il nome di fontana Pretoria deriva dal fatto che, dopo l’acquisto, si decise di posizionarla nello spazio che ospitava e che ancora ospita il palazzo Pretorio, il palazzo del governo dell’epoca e attuale palazzo di città. I due nomi con cui è identificata la fontana danno anche il nome all’omonima piazza.
Le statue e la descrizione della fontana Pretoria (o della Vergogna)
In totale nella Fontana Pretoria di Palermo si contano 37 statue (tra divinità pagane e allegorie), 24 teste di animali e 20 vasche di varie dimensioni tutte poste intorno. Nel 1858 intorno alla fontana Pretoria è stata montata una cancellata in ferro battuto opera di Giovan Battista Filippo Basile.
Nel dettaglio la descrizione della fontana Pretoria (o della Vergogna) prevede al primo livello, dopo la cancellata, 4 varchi di accesso, posti su alcuni gradini e una cinta balaustrata a pianta circolare, su cui all’ingresso sono collocate una coppia di statue raffiguranti personaggi mitologici o figure allegoriche (ci sono le statue di Bacco e Ercole; Diana e Apollo; Adone e Venere; Mercurio e Pomona).
Sotto il secondo livello, lungo la pavimentazione circolare, sono collocate 4 vasche con dei gruppi scultorei che raffigurano 4 fiumi poggiati agiatamente su una rupe tra le statue di Tritone e Nereide.
In origine lo scultore fiorentino si riferiva probabilmente al fiume Arno e ai suoi affluenti, anche se le fonti classiche fanno riferimento al padre di tutti i fiumi: il Nilo, insieme al Nilo azzurro, il Nilo bianco e l’Ippocrene.
Nella versione adattata alla realtà palermitana, compiuta dal poeta Antonio Veneziano, le statue raffigurano i fiumi e corsi d’acqua del Papireto, Maredolce, Oreto e Gabriele (o Cariopele).
Anche nel secondo ordine troviamo 4 varchi di accesso composti da 9 gradini che fanno da ponte sulla grande vasca circolare. All’ingresso dei varchi sono collocate altre coppie di statue raffiguranti divinità e figure mitologiche (ci sono le statue di Opi e Orfeo; Vertumno e Venere Verticodia; Trittolemo e Cerere e le statue che si rifanno alla Liberalità e all’Abbondanza).
Nelle nicchie ricavate nella parete esterna all’interno della vasca del secondo ordine sono visibili delle teste di animali o di mostri mitologici che alimentano dei getti d’acqua.
In alto, dopo un’altra pavimentazione circolare, all’interno di una vasca, sorretta da due ulteriori piccole vasche sostenute da figure animali, è collocato un putto con una cornucopia, che tanti hanno confuso con la raffigurazione del Genio di Palermo (a partire dal poeta Antonio Veneziano).
La fontana Pretoria con le statue, le vasche e le raffigurazioni dà vita ad un affascinante gioco d’acqua che, insieme alla particolare storia e alle diverse leggende, ammaliano i visitatori della città.
A riguardo lo storico studioso fiorentino Giorgio Vasari disse:
“fonte stupendissima che non ha pari in Fiorenza, nè forse in Italia: e la fonte principale, che si va tuttavia conducendo a fine, sarà la più ricca e sontuosa che si possa in alcun luogo vedere, per tutti quegli ornamenti che più ricchi e maggiori possono immaginarsi, e per gran copia d’acque, che vi saranno abbondantissime d’ogni tempo” (Vasari-Milanesi, VII. p.628).”