La storia del tragico evento del Terremoto del Belìce del 1968
La Sicilia nel corso della storia ha dovuto affrontare dei grandi eventi sismici che hanno colpito diverse aree dell’isola come quello del Terremoto del Belìce del 1968.
Il 15 gennaio, infatti, ricorre l’anniversario del Terremoto del Belìce del 1968 e noi in queste righe vogliamo ricostruire i fatti di quell’evento tragico che ha cambiato le vite di migliaia di persone e anche le realtà di diversi paesi che sono stati ricostruiti in altre aree.
Le zone sismiche più note che nel corso della storia hanno generato dei forti terremoti sono proprio quelle lungo lo Stretto (con il Terremoto di Messina del 1908), l’area nei pressi dell’Etna e del Val di Noto e quella della Valle del Belìce.
I fatti, l’epicentro e le vittime del Terremoto del Belìce
La Valle del Belìce si trova esattamente nella parte sud-ovest della Sicilia, lungo il corso del fiume Belìce, a cavallo tra le province di Trapani, Agrigento e Palermo.
Nei primi giorni del 1968 quell’area fu colpita da un violento terremoto. Nella ricostruzione dei fatti le prime scosse arrivarono il 14 gennaio dopo pranzo con i primi danni consistenti ad alcuni paesi. Le scosse si sentirono in alcuni casi fino alle città di Palermo, Trapani e Sciacca e servirono ad avvisare la gente che in molti casi passò la notte fuori casa. Infatti, nella notte tra il 14 e il 15 gennaio esattamente alle ore 3:01:54 la Valle del Belìce fu colpita da una violenta scossa, la più forte registrata in quelle ore, che ha toccato il 6.1 della scala Richter.
L’epicentro di questa fortissima scossa è stato localizzato presso la frazione di San Vito tra i Comuni di Gibellina, Salaparuta e Poggioreale. Sul numero delle vittime non c’è certezza, i dati variano tra i 231 e i 400, con più di 600 feriti e tra i 70 e i 90 mila sfollati. Tra le vittime ci sono anche alcuni soccorritori che il 25 gennaio furono sorpresi da una violenta replica che provocò ulteriori danni ad un territorio che sembrava fosse colpito da una bomba atomica.
Sicuramente il dato delle vittime, per la portata del terremoto e per la distruzione di alcuni centri abitati, si è mantenuto relativamente basso perché in molti dopo le prime forti scosse hanno deciso di passare la notte tra il 14 e il 15 gennaio fuori casa.
I Comuni colpiti dal terremoto e la lenta ricostruzione
Diversi sono i Comuni del Belìce che sono stati colpiti da questo terremoto. In alcuni casi dei paesi hanno riportato il 100% di distruzione per il patrimonio immobiliare. Tra questi ci sono i territori dell’epicentro con Gibellina, Poggioreale e Salaparuta (tutti in provincia di Trapani) e il paese di Montevago (in provincia di Agrigento) che sono stati praticamente rasi al suolo.
Nei paesi di Santa Margherita di Belice (Agrigento), Santa Ninfa, Partanna e Salemi (Trapani) la percentuale di distruzione del patrimonio immobiliare si attestò tra il 70 e l’80%.
Danni rilevanti ci furono anche nei Comuni di Menfi e Sambuca di Sicilia (provincia di Agrigento); Alcamo, Campobello di Mazara, Castellammare del Golfo, Castelvetrano, Calatafimi, Vita (provincia di Trapani) e anche a Camporeale, Contessa Entellina e San Giuseppe Jato (in provincia di Palermo).
La scossa del 15 gennaio del 1968 è stata avvertita in quasi tutta la Sicilia, altri lievi danni ad alcuni edifici si verificarono anche nelle città di Palermo, Agrigento, Trapani, Marsala, Sciacca e Mazara del Vallo.
In quei giorni l’Italia scoprì il territorio della Valle del Belìce, un’area agricola ancora poco attraversata da quel vento del boom economico che si stava propagando nel resto del Paese.
I primi soccorsi furono complicati dal fatto che il sisma aveva reso quasi impraticabili le vie di accesso a questi paesi. La gestione dell’emergenza è stata confusionaria, il tutto ancora più accentuato da una lenta ricostruzione: per decenni migliaia di persone hanno alloggiato nelle baracche costruite nei mesi successivi.
Molti di questi centri colpiti furono lentamente ricostruiti in altre aree, come ad esempio Gibellina e Poggioreale. I ruderi dei vecchi centri storici rimangono ancora lì, in una sorta di museo a cielo aperto che pone in evidenza la tragedia del sisma e del post-sisma.
La distruzione provocata dal terremoto insieme all’impreparazione dello Stato, alla burocrazia e alla ricostruzione a rilento hanno messo a dura prova le popolazioni di questi centri. In molti negli anni post-sisma si sono svuotati con migliaia di persone che sono emigrate in giro per l’Italia e il Mondo.
Negli anni ’80 per frenare questa lenta decadenza dei territori il sindaco di Gibellina, Ludovico Corrao, chiamò una serie di artisti come Pietro Consagra, Alberto Burri, Ludovico Quaroni e molti altri per abbellire la nuova Gibellina di opere di arte contemporanea e richiamare l’attenzione nazionale sui territori della Valle del Belìce.
Il Belìce, dopo più di 50 anni, grazie al turismo e alla crescita delle aziende eno-gastronomiche sta provando a recuperare il “tempo perso” ma quei territori ancora conservano le ferite del terremoto del 1968.